Quando il legame vale più dell’algoritmo: il 70% delle imprese crede nelle solidità delle relazioni come vero motore di innovazione, più della tecnologia stessa
Modena – L’azienda del futuro è un universo di relazioni e riuscire a collegare le “stelle” giuste oggi è la chiave per generare valore, forza e sviluppo sostenibile.
È quanto confermano i dati della nuova indagine* sulla supply chain condotta da IUNGO su un campione di circa 100 aziende italiane, presentati in anteprima all’evento IUNGOforum 2025 il 6 novembre.
Il modo di fare impresa è in evoluzione: la “filiera” non è più un flusso lineare ma lascia spazio a ecosistemi dinamici, vere costellazioni di relazioni in cui aziende, partner e clienti creano insieme un sistema interconnesso e in continua trasformazione.
Le evidenze mostrano un sostanziale cambio di paradigma e una consapevolezza più matura sulle prospettive future rispetto al 2024. Il vero valore del cambiamento sta nel passaggio dalla tecnologia alla relazione: il futuro del procurement non si misura più in strumenti o velocità, ma nella fiducia, nella sintonia e nella capacità di creare ecosistemi che pensano insieme.
Concorda con questa visione il 70% delle aziende intervistate che riconosce come l’efficienza cresca con la qualità dei rapporti con i fornitori, mentre l’ostacolo più rilevante all’innovazione non risiede più negli elementi tecnologici ma nella cultura organizzativa per ben il 30% dei rispondenti.
Un’altra differenza sostanziale che emerge rispetto all’indagine condotta da IUNGO nel 2024, a ribadire l’attenzione verso l’elemento “culturale” e delle competenze, sono le barriere all’innovazione:
Dati che sottolineano come la digitalizzazione sia ormai realtà; ciò che manca è l’allineamento umano. Siamo nella fase della complessità matura, in cui il vero progresso non è adottare la tecnologia, ma saperla vivere e farne spazio di dialogo e collaborazione.
Il dato più significativo rivela la trasformazione culturale in atto del ruolo dell’ufficio acquisti: il 41% dei rispondenti vede il procurement del 2030 come “architetto” di un ecosistema, un richiamo alla capacità di progettualità, armonia e visione d’insieme; il 26% come “innovatore”, in grado di portare nuove idee, tecnologie e approcci per trasformare il modo di fare acquisti e supply chain; il 19% lo vede come un “facilitatore” che mette in contatto reparti e fornitori, semplifica i processi e favorisce la collaborazione, mentre nessuno vede più il procurement come semplice “esecutore”. L’ufficio acquisti diventa così il centro di un ecosistema circolare, dove competenza, dati e relazioni si uniscono per progettare connessioni, non solo gestire flussi.
A conferma del cambiamento profondo che stanno vivendo le imprese italiane, il 41% degli intervistati indica nella pianificazione condivisa del forecasting la conversazione più strategica che possono avere con i propri partner. Il focus si sposta così dalla gestione delle urgenze alla collaborazione preventiva, dalla cultura del controllo a quella dell’anticipazione. La supply chain diventa quindi un ecosistema relazionale, dove, ancora una volta, il valore nasce dal progettare insieme.
E in questa nuova supply chain resta viva l’attenzione sugli aspetti tecnologici innovativi: oltre la metà degli intervistati (52%) indica l’automazione e l’AI come priorità a conferma della maturità crescente delle aziende che sposta il focus dall’hype tecnologico all’intelligenza realmente utile.
Il procurement non vuole sostituire l’uomo, ma potenziarlo, usando la tecnologia per liberare tempo e valorizzare giudizio, contesto e relazioni. L’obiettivo non è un procurement automatizzato, ma aumentato, dove algoritmi e sensibilità operano in equilibrio. In termini di sostenibilità, solo il 19% delle aziende considera la filiera sostenibile e circolare un vero elemento di competitività futura; per la maggior parte, resta ancora un obbligo normativo più che una leva strategica, complice anche il rinvio introdotto dallo Stop The Clock.
Facendo leva sulle testimonianze raccolte e i dati dell’indagine, “lo IUNGOforum è stata un’importante occasione di confronto, per provare a cambiare prospettiva per non pensare più agli acquisti come a una funzione operativa, ma come a un vero e proprio spazio di relazione, in cui tecnologia, fiducia e partnership si intrecciano per disegnare le nuove supply chain,” afferma Andrea Tinti, CEO e Founder di IUNGO.

Oggi servono partner di cultura digitale, non semplici fornitori, realtà capaci di condividere una visione e guidare il cambiamento. Le soluzioni devono parlare la lingua di chi le usa e, dunque, essere intuitive, flessibili e accessibili, trasformando la complessità in semplicità senza perdere completezza e potenza funzionale. La tecnologia è quindi solo il punto di partenza perché il suo vero valore sta nella capacità di creare nuove abitudini di collaborazione, più naturali, efficaci e umane.
Per consultare l’indagine completa:
https://info.iungo.com/hubfs/Report%20completo%20IUNGOforum%202025.pdf